Foto di Giulia Cecchettin, bruna, sorridente. E tantissimi fiori in omaggio davanti la casa Ceccettin.

(fonte: Elena Cecchettin, Corriere del Veneto)

La lettera della sorella di Giulia Cecchettin al Corriere. Fin dalle prime ore Elena ha preso posizione perché la tragedia sia spunto di riflessione sulla violenza di genere

Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcallingOgni uomo viene privilegiato da questa cultura
[…] Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.

Per leggere tutta la lettera di Elena Cecchettin clicca qui: Corriere del Veneto

Spunti per la discussione

L’omicidio brutale di Giulia Cecchettin, studentessa di 22 anni da parte del suo ex fidanzato Filippo Turretta, suo coetaneo e compagno di studi universitari, ha lasciato l’Italia sbigottita.
Vi invitiamo a riflettere sulle parole di Elena, sorella della vittima e a discuterne con compagni e amici, dovunque viviate e da dovunque ci leggiate.

È impressionante sapere che secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 13 novembre in Italia sono state uccise 102 donne, 82 delle quali in ambito familiare e affettivo. 53 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. 

Nel nostro post precedente, abbiamo parlato del”enorme successo del film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”. È un film che parla della violenza che la protagonista subiva da parte del marito. Una violenza conosciuta e tollerata dalla comunità in cui la famiglia viveva. La storia si svolge nel’Italia del 1946. Stentiamo a credere che cose del genere potessero succedere, ma ci consoliamo pensando che “in quegli anni…”
Giulia e Filippo sono ventenni dei nostri giorni, e la violenza si ripete come allora, nonostante le lotte per l’emancipazione delle donne, e i grandi cambiamenti socio-culturali degli ultimi decenni. Come è potuto succedere, ci chiediamo tutti.

In un altro nostro post dedicato all’articolo “Come parlano di sesso i ragazzi e le ragazze” un’insegnante di scuola secondaria descriveva, la sua esperienza diretta di “una generazione di adolescenti che vive il rapporto di coppia come un rapporto esclusivo, una gabbia chiusa da catene.”
Il rapporto di Filippo e Giulia era esattamente questo. Almeno per come lo viveva Filippo.

«I “mostri” non sono malati, sono figli sani del patriarcato»

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