
“Apparsa a stampa nel 1521, l’Arte della guerra è la più ardua delle opere politiche di Niccolò Machiavelli. Non solo Machiavelli parla di una cosa che conosciamo poco e che non ci riguarda più (le pratiche militari classiche e di primo Cinquecento), ma ci chiede di seguirlo in discussioni assai minute sulla forma delle armi, l’ordine dell’esercito in battaglia, la disposizione dell’accampamento. … A conti fatti, l’Arte della guerra è un’opera «tecnica», dicono gli studiosi, e l’aggettivo porta in questo caso con sé una connotazione negativa, per tecnica intendendo la negazione della prospettiva politica.
È possibile però vedere le cose anche in maniera molto diversa, dando un valore positivo a questa parola. La nuova tecnicità dell’Arte della guerra ha implicato infatti da parte dell’autore un enorme sforzo a precisare, correggere, integrare le intuizioni di argomento affine già contenute nel Principe e dei Discorsi …
Probabilmente la maggiore novità dell’Arte della guerra nella storia della teoria bellica è il ruolo straordinario che nelle sue pagine viene attribuito alla dimensione tattica, ovvero al dispiegamento e ai movimenti delle truppe. Ma tattica, al di là dell’etimologia, vuol dire anzitutto una diversa scala operativa, più attenta ai modi in cui reagiscono in battaglia le piccole unità e in cui la loro capacità di reazione e di coordinamento condiziona l’esito dello scontro. Il link all’articolo non è più attivo: Il Manifesto.
L’arte della guerra