barca piena di migranti africani, immagine tratta dal film

(fonte: Annalisa Camilli, L’Essenziale)

La storia del film comincia diversi anni fa: un amico del regista, che gestisce un centro di accoglienza in Sicilia, gli aveva raccontato la vicenda di un ragazzo minorenne, Fofana Amara, che aveva portato in salvo centinaia di persone su un’imbarcazione partita dalla Libia, ma una volta in Italia era stato accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed era finito in carcere per sei mesi. Un reato per cui oggi in Italia si rischia fino a trent’anni.

“Mi aveva colpito la vicenda di questo ragazzo, me lo sono immaginato come poi ho mostrato nella scena finale del film”. Per arrivare a girare, tuttavia, Garrone ci ha messo anni: “Ero pieno di dubbi, temevo la retorica, oppure che il mio sguardo potesse essere inadeguato a raccontare questa storia, che potesse sembrare il tentativo di speculare sulla sofferenza degli altri, invece poi a un certo punto ho sentito che il film era maturo, è come se avesse scelto me. Ho avuto la necessità di girarlo”.

Per leggere tutto l’articolo di Annalisa Camilli, clicca qui: L’Essenziale

Note culturali

Il film di Matteo Garrone, Io Capitano, sarà il candidato italiano agli Oscar 2024.

Io capitano è un film quasi impossibile

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