Donna che mostra un tessuto lavorato a mano.

(fonte: Camilla Cupelli,  La Stampa)

Il bisso, conosciuto anche come “seta di mare”,  “deriva da una bava di cheratina che la pinna nobilis, un mollusco simile alla cozza che può arrivare a un metro e mezzo d’altezza, utilizza per “ancorarsi” ai fondali marini. Una volta seccata produce un filamento sottile e pregiato con cui una volta si facevano gli abiti di Salomone e Nefertari, ma anche i guanti dei re d’Italia.

Chiara Vigo, 62 anni, è maestra di bisso a Sant’Antioco, in Sardegna. Questo mondo “la zia Chiara”, come la chiamano in paese, lo vive dalla nascita: il nonno era maestro di tessitura e la nonna di tele da museo: «A quattro anni ho iniziato a usare un fuso e a dodici un telaio. Se respiri un’arte in una famiglia farai quell’arte, anzi sarai quell’arte». La sua scorta di “seta del mare” deriva dalla nonna, «ne ho una quantità che non potrei esaurire neanche in cinquant’anni». La conserva in un baule con una ricetta di famiglia e continua a lavorarla ogni giorno nel suo laboratorio.

Chiara Vigo collabora con la Facoltà di Chimica di Bologna e il Max Planck di Berlino, oltre al Dipartimento di Biologia Marina di Cagliari. Continua a tramandare la sua arte e intanto studia da sempre l’animale e le sue caratteristiche.

Per leggere tutto l’articolo di Camilla Cupelli, clicca qui La Stampa.

Italia da scoprire. La seta del mare

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