Anziani da 110 e lode in Sardegna , grazie al Dna ma anche all’aria pulita e alla vita rurale. I sardi sono tra le popolazioni più longeve del mondo: lo dimostrano le ricerche sui supervecchi, molti dei quali vivono proprio in Sardegna.
Impegno, soddisfazione, dunque, le chiavi per la lunga vita. Ma non solo: la lettura. Si dichiara lettore regolare il 71 per cento degli over 100, contro un misero 32 degli over 65: una prova del fatto che i superlongevi rimangono attivi e lucidi.<br> <br> Un secondo set di domande poste dagli psicologi ha poi riguardato il modo con cui ciascuno affronta la vita. Ebbene i centenari non hanno mai delegato a fattori diversi da sé l’indirizzo della propria esistenza, si assumono tutte le responsabilità di ciò che gli accade e affrontano i problemi con freddezza e razionalità. Questa caratteristica collima con un altro risultato, emerso anche in studi sulle abitudini alimentari: morigeratezza e saggezza.<br> <br> Perché Luca Deiana, docente di Biochimica e Biologia molecolare all’Università di Sassari e coordinatore dello studio AKeA, (da “A Kent’Annos”, saluto che esprime appunto l’augurio di vivere fino a cent’anni) ha analizzato anche la dieta dei fantastici vecchietti sardi e ha scoperto, per esempio, che mangiano moltissimo formaggio (soprattutto di capra) che, in teoria, dovrebbe intasare le loro arterie e accorciare la loro vita. E poi pane carasau, prodotti della loro terra, coltivati in terre non contaminate e conditi con olio extravergine di oliva, e un paio di bicchieri di vino rosso al giorno. “Il vino sardo contiene concentrazioni di antiossidanti quasi sempre più alte di quelle medie”, sottolinea Deiana: “E i longevi non ne abusano mai: ne bevono e ne hanno sempre bevuto al massimo un paio di bicchieri a pasto”. <br> <br> Altri, del resto, hanno confermato l’importanza degli antiossidanti, primo tra tutti proprio il resveratrolo del vino rosso, giungendo a delineare varie formule che, negli animali da laboratorio, allungano la durata della vita. Per esempio, i gerontologi della McMaster University di Hamilton, in Ontario, hanno confezionato mangimi rinforzati in vari assortimenti con vitamine B1, C, D ed E, acido acetilsalicilico, beta carotene, acido folico, aglio, ginger, gingko biloba, ginseng, estretto di tè verde, magnesio, melatonina, potassio, olio di fegato di merluzzo e di girasole e trovato che i topi così nutriti hanno il 50 per cento in meno di perdita di funzioni motorie e di riflessi. Altri hanno usato diete con molte fibre e noci, frutta e verdura e pochissima carne, ottenendo risultati analoghi, perché gli antiossidanti migliorano la resistenza all’insulina e il metabolismo in generale, proteggono i telomeri (i cappucci posti alla fine dei cromosomi e collegati con la senescenza) e favoriscono indirettamente il funzionamento dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, liberandoli dai radicali liberi che essi producono come materiali di scarto.Impegno, soddisfazione, dunque, le chiavi per la lunga vita. Ma non solo: la lettura. Si dichiara lettore regolare il 71 per cento degli over 100, contro un misero 32 degli over 65: una prova del fatto che i superlongevi rimangono attivi e lucidi.<br> <br> Un secondo set di domande poste dagli psicologi ha poi riguardato il modo con cui ciascuno affronta la vita. Ebbene i centenari non hanno mai delegato a fattori diversi da sé l’indirizzo della propria esistenza, si assumono tutte le responsabilità di ciò che gli accade e affrontano i problemi con freddezza e razionalità. Questa caratteristica collima con un altro risultato, emerso anche in studi sulle abitudini alimentari: morigeratezza e saggezza.<br> <br> Perché Luca Deiana, docente di Biochimica e Biologia molecolare all’Università di Sassari e coordinatore dello studio AKeA, (da “A Kent’Annos”, saluto che esprime appunto l’augurio di vivere fino a cent’anni) ha analizzato anche la dieta dei fantastici vecchietti sardi e ha scoperto, per esempio, che mangiano moltissimo formaggio (soprattutto di capra) che, in teoria, dovrebbe intasare le loro arterie e accorciare la loro vita. E poi pane carasau, prodotti della loro terra, coltivati in terre non contaminate e conditi con olio extravergine di oliva, e un paio di bicchieri di vino rosso al giorno. “Il vino sardo contiene concentrazioni di antiossidanti quasi sempre più alte di quelle medie”, sottolinea Deiana: “E i longevi non ne abusano mai: ne bevono e ne hanno sempre bevuto al massimo un paio di bicchieri a pasto”. <br> <br> Altri, del resto, hanno confermato l’importanza degli antiossidanti, primo tra tutti proprio il resveratrolo del vino rosso, giungendo a delineare varie formule che, negli animali da laboratorio, allungano la durata della vita. Per esempio, i gerontologi della McMaster University di Hamilton, in Ontario, hanno confezionato mangimi rinforzati in vari assortimenti con vitamine B1, C, D ed E, acido acetilsalicilico, beta carotene, acido folico, aglio, ginger, gingko biloba, ginseng, estretto di tè verde, magnesio, melatonina, potassio, olio di fegato di merluzzo e di girasole e trovato che i topi così nutriti hanno il 50 per cento in meno di perdita di funzioni motorie e di riflessi. Altri hanno usato diete con molte fibre e noci, frutta e verdura e pochissima carne, ottenendo risultati analoghi, perché gli antiossidanti migliorano la resistenza all’insulina e il metabolismo in generale, proteggono i telomeri (i cappucci posti alla fine dei cromosomi e collegati con la senescenza) e favoriscono indirettamente il funzionamento dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, liberandoli dai radicali liberi che essi producono come materiali di scarto. <div class=”imgno”><img src=”http://espresso.repubblica.it/img/testata_print.gif” alt=””></div> <a href=”http://espresso.repubblica.it/dettaglio/anziani-da-110-e-lode/2138363/13/1#commenti” class=”a1″ title=”Commenta”>Commenta</a> <h6><strong>Reportage</strong></h6> <h2>Anziani da 110 e lode</h2> <em class=”em1″>di Agnese Codignola</em> <span>(16 novembre 2010)</span><div class=”article”> <br> <br> Per molti studiosi, però, tutto dipende dal Dna: il carattere, l’approccio alla vita, i gusti alimentari, il numero di ore di sonno, la propensione a camminare, a non fumare, e poi tutti i dati fisiologici e metabolici quali la capacità di tenere bassi zuccheri e pressione e così via. E certo è un fatto che la stragrande maggioranza dei centenari appartenga a famiglie nelle quali la longevità è la norma. Spiega Annibale Puca, ricercatore dell’Itb-Cnr e di MultiMedica di Milano che poche settimane fa ha pubblicato su “Science” uno studio su un migliaio di centenari: “Abbiamo verificato il genoma di queste persone, e identificato circa 150 varianti che definiscono 19 profili genetici condivisi da persone con caratteristiche similari quali l’età e il ritardo a contrarre patologie come l’Alzheimer e le malattie cardiovascolari “. In particolare, spiega Puca, i profili convergono, in modi diversi, su un esito comune: una particolare efficienza nello sfruttamento dell’energia attraverso un alto numero di mitocondri. Per esempio, spiega ancora Puca, se si vanno ad analizzare i globuli rossi dei centenari e dei loro figli, si nota un fenomeno singolare: la presenza di particelle di grasso immagazzinato mediamente più grandi rispetto alla media e molto ricche di acido palmitoleico, un acido grasso omega 3 dal quale dipende la sensibilità all’insulina di fegato e muscoli, come se il ciclo che regola il bilancio energetico fosse più lento e portasse a minori oscillazioni metaboliche, con le conseguenze che questo comporta: meno aterosclerosi, pressione più bassa, eccetera.<br> <br> In direzione simile vanno del resto moltissimi studi. In definitiva, però, chiarisce Puca: “Si tratta sempre di predisposizioni, che vanno coltivate e potenziate con le buone abitudini. E per chi non ha avuto questo regalo dai cromosomi dei genitori, si può cercare di raggiungere almeno in parte gli stessi risultati con lo stile di vita”.<br> Come emerge chiaramente dai dati di Cotrufo e Deiana. E fondamentale è l’attività fisica: non è necessario percorrere cento chilometri a piedi regolarmente come faceva tziu Antonino Todde, basta muoversi sempre e mantenere una media di 30 mila passi (15 chilometri) a settimana, che aiutano ad abbassare la pressione, a far funzionare bene il cuore, a mantenere l’elasticità dei vasi e delle articolazioni, a stimolare il sistema immunitario.<br> <br> Poi bisogna cercare di dormire bene: i ricercatori dell’Università di Portland hanno condotto un’indagine su 2.800 centenari, quasi 4 mila persone di età compresa tra i 90 e i 99 anni e quasi 8 mila over 65, tutti cinesi, e hanno concluso che i centenari dormono benissimo. E infine, la famiglia e il ruolo nella società: i centenari sardi sono quasi sempre al centro della propria comunità, punto di riferimento per tutto il paese. Ma anche gli ispanici americani che, nonostante abbiano condizioni sociali e sanitarie in media peggiori dei non ispanici, e una pessima alimentazione, vivono quasi due anni e mezzo in più dei bianchi e otto anni in più degli afroamericani. Il merito? Gli autori non hanno dubbi: dei legami familiari più saldi e del ruolo centrale nella comunità. Proprio come accade ai nonni sardi e ai coetanei cinesi. <div class=”imgno”><img src=”http://espresso.repubblica.it/img/testata_print.gif” alt=””></div> <a href=”http://espresso.repubblica.it/dettaglio/anziani-da-110-e-lode/2138363/13/1#commenti” class=”a1″ title=”Commenta”>Commenta</a> <h6><strong>Reportage</strong></h6> <h2>Anziani da 110 e lode</h2> <em class=”em1″>di Agnese Codignola</em> <span>(16 novembre 2010)</span><div class=”article”> <br> <br> Per molti studiosi, però, tutto dipende dal Dna: il carattere, l’approccio alla vita, i gusti alimentari, il numero di ore di sonno, la propensione a camminare, a non fumare, e poi tutti i dati fisiologici e metabolici quali la capacità di tenere bassi zuccheri e pressione e così via. E certo è un fatto che la stragrande maggioranza dei centenari appartenga a famiglie nelle quali la longevità è la norma. Spiega Annibale Puca, ricercatore dell’Itb-Cnr e di MultiMedica di Milano che poche settimane fa ha pubblicato su “Science” uno studio su un migliaio di centenari: “Abbiamo verificato il genoma di queste persone, e identificato circa 150 varianti che definiscono 19 profili genetici condivisi da persone con caratteristiche similari quali l’età e il ritardo a contrarre patologie come l’Alzheimer e le malattie cardiovascolari “. In particolare, spiega Puca, i profili convergono, in modi diversi, su un esito comune: una particolare efficienza nello sfruttamento dell’energia attraverso un alto numero di mitocondri. Per esempio, spiega ancora Puca, se si vanno ad analizzare i globuli rossi dei centenari e dei loro figli, si nota un fenomeno singolare: la presenza di particelle di grasso immagazzinato mediamente più grandi rispetto alla media e molto ricche di acido palmitoleico, un acido grasso omega 3 dal quale dipende la sensibilità all’insulina di fegato e muscoli, come se il ciclo che regola il bilancio energetico fosse più lento e portasse a minori oscillazioni metaboliche, con le conseguenze che questo comporta: meno aterosclerosi, pressione più bassa, eccetera.<br> <br> In direzione simile vanno del resto moltissimi studi. In definitiva, però, chiarisce Puca: “Si tratta sempre di predisposizioni, che vanno coltivate e potenziate con le buone abitudini. E per chi non ha avuto questo regalo dai cromosomi dei genitori, si può cercare di raggiungere almeno in parte gli stessi risultati con lo stile di vita”.<br> Come emerge chiaramente dai dati di Cotrufo e Deiana. E fondamentale è l’attività fisica: non è necessario percorrere cento chilometri a piedi regolarmente come faceva tziu Antonino Todde, basta muoversi sempre e mantenere una media di 30 mila passi (15 chilometri) a settimana, che aiutano ad abbassare la pressione, a far funzionare bene il cuore, a mantenere l’elasticità dei vasi e delle articolazioni, a stimolare il sistema immunitario.<br> <br> Poi bisogna cercare di dormire bene: i ricercatori dell’Università di Portland hanno condotto un’indagine su 2.800 centenari, quasi 4 mila persone di età compresa tra i 90 e i 99 anni e quasi 8 mila over 65, tutti cinesi, e hanno concluso che i centenari dormono benissimo. E infine, la famiglia e il ruolo nella società: i centenari sardi sono quasi sempre al centro della propria comunità, punto di riferimento per tutto il paese. Ma anche gli ispanici americani che, nonostante abbiano condizioni sociali e sanitarie in media peggiori dei non ispanici, e una pessima alimentazione, vivono quasi due anni e mezzo in più dei bianchi e otto anni in più degli afroamericani. Il merito? Gli autori non hanno dubbi: dei legami familiari più saldi e del ruolo centrale nella comunità. Proprio come accade ai nonni sardi e ai coetanei cinesi. <div class=”imgno”><img src=”http://espresso.repubblica.it/img/testata_print.gif” alt=””></div> <a href=”http://espresso.repubblica.it/dettaglio/anziani-da-110-e-lode/2138363/13/1#commenti” class=”a1″ title=”Commenta”>Commenta</a> <h6><strong>Reportage</strong></h6> <h2>Anziani da 110 e lode</h2> <em class=”em1″>di Agnese Codignola</em> <span>(16 novembre 2010)</span><div class=”article”> <br> <br> Per molti studiosi, però, tutto dipende dal Dna: il carattere, l’approccio alla vita, i gusti alimentari, il numero di ore di sonno, la propensione a camminare, a non fumare, e poi tutti i dati fisiologici e metabolici quali la capacità di tenere bassi zuccheri e pressione e così via. E certo è un fatto che la stragrande maggioranza dei centenari appartenga a famiglie nelle quali la longevità è la norma. Spiega Annibale Puca, ricercatore dell’Itb-Cnr e di MultiMedica di Milano che poche settimane fa ha pubblicato su “Science” uno studio su un migliaio di centenari: “Abbiamo verificato il genoma di queste persone, e identificato circa 150 varianti che definiscono 19 profili genetici condivisi da persone con caratteristiche similari quali l’età e il ritardo a contrarre patologie come l’Alzheimer e le malattie cardiovascolari “. In particolare, spiega Puca, i profili convergono, in modi diversi, su un esito comune: una particolare efficienza nello sfruttamento dell’energia attraverso un alto numero di mitocondri. Per esempio, spiega ancora Puca, se si vanno ad analizzare i globuli rossi dei centenari e dei loro figli, si nota un fenomeno singolare: la presenza di particelle di grasso immagazzinato mediamente più grandi rispetto alla media e molto ricche di acido palmitoleico, un acido grasso omega 3 dal quale dipende la sensibilità all’insulina di fegato e muscoli, come se il ciclo che regola il bilancio energetico fosse più lento e portasse a minori oscillazioni metaboliche, con le conseguenze che questo comporta: meno aterosclerosi, pressione più bassa, eccetera.<br> <br> In direzione simile vanno del resto moltissimi studi. In definitiva, però, chiarisce Puca: “Si tratta sempre di predisposizioni, che vanno coltivate e potenziate con le buone abitudini. E per chi non ha avuto questo regalo dai cromosomi dei genitori, si può cercare di raggiungere almeno in parte gli stessi risultati con lo stile di vita”.<br> Come emerge chiaramente dai dati di Cotrufo e Deiana. E fondamentale è l’attività fisica: non è necessario percorrere cento chilometri a piedi regolarmente come faceva tziu Antonino Todde, basta muoversi sempre e mantenere una media di 30 mila passi (15 chilometri) a settimana, che aiutano ad abbassare la pressione, a far funzionare bene il cuore, a mantenere l’elasticità dei vasi e delle articolazioni, a stimolare il sistema immunitario.<br> <br> Poi bisogna cercare di dormire bene: i ricercatori dell’Università di Portland hanno condotto un’indagine su 2.800 centenari, quasi 4 mila persone di età compresa tra i 90 e i 99 anni e quasi 8 mila over 65, tutti cinesi, e hanno concluso che i centenari dormono benissimo. E infine, la famiglia e il ruolo nella società: i centenari sardi sono quasi sempre al centro della propria comunità, punto di riferimento per tutto il paese. Ma anche gli ispanici americani che, nonostante abbiano condizioni sociali e sanitarie in media peggiori dei non ispanici, e una pessima alimentazione, vivono quasi due anni e mezzo in più dei bianchi e otto anni in più degli afroamericani. Il merito? Gli autori non hanno dubbi: dei legami familiari più saldi e del ruolo centrale nella comunità. Proprio come accade ai nonni sardi e ai coetanei cinesi.</div><div class=”article”> </div><div class=”article”> </div><div class=”article”> </div><div class=”article”> </div><div class=”article”> </div></div></div>
Si interessano di politica. Guardano la tv e leggono i giornali. Sono protagonisti della vita sociale dei piccoli paesi dove vivono. Mangiano di tutto e bevono sempre un po’ di vino. Così sono diventati centenari. È passato tutto il paese in quella casa, il 25 gennaio scorso, a festeggiare i 110 anni di Giuseppina Deidda. Così anche Thia Peppina, che si avvia a spegnere 111 candeline , ha un carattere tosto ed ha avuto una vita da protagonista nella propria comunità. Molti degli over 100 sardi come Thia Peppina, o come tziu Antonio Contu, morto per un infarto mentre continuava ad accudire le sue pecore all’onorevole età di 105 anni, hanno vissuto una vita da romanzo. Perché certo i geni sono importanti, ma il modo di affrontare la vita, probabilmente, lo è di più. Un’idea, questa, condivisa da molti di coloro che cercano di capire se esistano tratti comuni nei superlongevi e, finalmente, oggetto di uno studio con numeri e statistiche assai esplicite. Il risultato sembra essere che oltre alla naturale predisposizione, e alle buone abitudini come l’attività fisica e il sonno, giocano un ruolo centrale la famiglia e il ruolo nella società. Gli autori dell’indagine non hanno dubbi sul fatto che dei legami familiari saldi e un ruolo centrale nella comunità sono tra le ragioni principali della longevità. È questo è proprio ciò che accade ai nonni sardi e ai loro coetanei cinesi.
Per leggere l’articolo di Agnese Codignola, clicca qui: L’Espresso
Uso della lingua
110 e lode: è il voto più alto che si può ottenere alla laurea (diploma di studi universitari).
spegnere le candeline : soffiare o spegnere le candeline e il rituale simbolico del compleanno.
tosto : molto sicuro di sé, energico.
Thia e tziu : sono appellativi con cui si chiamano le persone anziane in dialetto sardo. Sono usati con il significato di nonnetto e nonnetta. Esempio: “Oh su tziu! Mì che ti ti prènciu! Bogadì!!!” Traduzione: gentile vecchietto fai attenzione che ti investo.