
(fonte: Aldo Grasso, Corriere)
Le riprese dall’alto, il colpo d’occhio che ci regala la Basilica di San Pietro, l’architettura circolare del colonnato del Bernini, il rosso delle porpore, il bianco dei sacerdoti, la folla sterminata ma anche il lungo corteo laico per le strade di Roma, sono l’ultimo lascito di papa Francesco ma anche l’insegnamento che la Chiesa ci ha trasmesso fin dalle origini. […]
Questo viaggio, voluto da Francesco, è l’espressione più diretta del suo modo di comunicare: la prossimità. Su di essa si è fondato il nuovo patto comunicativo inaugurato dal Pontefice sin dalla sua prima apparizione pubblica, evidente soprattutto nelle occasioni più informali di contatto con i fedeli, i migranti, i poveri, gli «ultimi». I grandi eventi mediali tendono a riscrivere la realtà secondo i propri canoni e ormai ci riescono con sempre maggiore disinvoltura, ma quando la tv deve raccontare una cerimonia i cui riti, le cui liturgie sono irrinunciabili e non facilmente accomodanti, allora assistiamo a qualcosa che ci conduce sulla soglia dell’inedito, quasi uno scontro fra i segni dell’eternità e quello del presente, fra il mistero della morte e l’incontro estemporaneo fra i capi delle Nazioni per affrontare temi drammatici […]
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Nei riti antichi il tempo si ferma: per un attimo, il presente e l’eterno si incontrano. Che cosa ci dicono i funerali di Papa Francesco?