(fonte: Claudia Torrisi, Internazionale)
Se solo ne fossi in grado gli potrei fare un ritratto. Biondo, occhi chiari e uno zaino Invicta sulle spalle. Sulla trentina. Non particolarmente alto né magro. Chissà se l’immagine che ho in testa gli somiglia sul serio.
Avevo incrociato il suo sguardo, insieme a quello di decine di altre persone, all’interno di un vagone della metropolitana affollato. Erano da poco passate le 22, avevo finito di seguire un workshop di giornalismo e dovevo raggiungere casa di un amico che mi ospitava in una città in cui non vivevo, in un quartiere dove non ero mai stata. E dove a distanza di più di dieci anni non sono più tornata.
Sono uscita dalla metropolitana e ho preso un sottopassaggio.
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Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.