
(fonte: Domenico Marino, Avvenire)
Claudio Conte, dopo il premio per la migliore tesi d’Italia, stabilisce un nuovo record con uno studio sulle interazioni sociali nei penitenziari. Con lode.
Claudio Conte è un laureato premiato per la tesi migliore dell’anno in Italia e adesso anche un dottore di ricerca con lode. Ma da oltre tre decenni Claudio è anzitutto un detenuto che perdippiù ha trascorso buona parte dei suoi anni dietro le sbarre al 41 bis. Ma né le rigide limitazioni imposte dallo speciale disciplinare detentivo, né il peso di quanto fatto o il pesante stigma del recluso hanno piegato la volontà di quest’uomo simbolo vivente dell’importanza d’avere una seconda occasione.
[…] Claudio Conte fu condannato all’ergastolo quando aveva meno di vent’anni e in tasca solo la licenza media poiché aveva da tempo abbandonato la scuola per lavorare nell’attività della famiglia che però non era d’accordo con la scelta. Anzi. Quando compì 21 anni venne disposto il carcere duro con tutto ciò che si porta dietro non solo per i rapporti con l’esterno, ma pure per le limitazioni interne. A esempio non potere avere più di tre libri in contemporanea. Nonostante tutto, spinto da una motivazione straordinaria, da brillante autodidatta, riuscì prima a diplomarsi e poi a laurearsi in Giurisprudenza a Catanzaro con 110/110, lode e menzione accademica. Per leggere tutto l’articolo di Domenico Marino clicca qui: Avvenire.
Informazioni utili
1. Che cos’è il 41 bis e come ha influenzato il percorso di studio di Claudio Conte?
Il 41 bis è un regime carcerario speciale, molto rigido, pensato per isolare detenuti considerati altamente pericolosi (per esempio legati alla criminalità organizzata), in modo da impedirgli di mantenere legami e influenze con l’esterno.
Per chi lo vive, significa:
- isolamento quasi totale
- pochissimi contatti con gli altri detenuti
- colloqui con la famiglia molto limitati e controllati
- forti restrizioni sugli oggetti personali
(per esempio non poter avere più di tre libri contemporaneamente)
Nel caso di Claudio Conte, queste limitazioni hanno reso il suo percorso di studi estremamente difficile.
Studiare in 41 bis vuol dire:
- non avere accesso libero ai libri o alle biblioteche
- studiare da autodidatta, spesso senza poter confrontarsi con altri
- affrontare ritardi e ostacoli per ricevere materiali didattici
- fare esami con autorizzazioni speciali e molto controllo
2. In che modo la ricerca di Conte si collega alle esperienze di giustizia riparativa?
La giustizia riparativa è un modo di affrontare il reato che non si concentra solo sulla punizione, ma sulla ricostruzione:
- del senso di responsabilità di chi ha commesso il crimine,
- dei legami sociali,
- e, quando possibile, del rapporto con la comunità (e talvolta con le vittime).
Nella sua tesi, Conte mostra che lo studio in carcere può diventare:
- uno strumento di consapevolezza morale
- un’occasione per riflettere sul proprio passato
- un percorso di riconciliazione con sé stessi e con la società
Collaborando con la redazione di “Ristretti Orizzonti”, che da anni promuove il dialogo tra detenuti e società esterna, Conte sottolinea che:
- lo studio non cancella il reato, né lo giustifica,
- ma può aiutare a trasformare la persona che lo ha commesso,
- rendendola capace di assumersi responsabilità in modo più pieno e adulto.
3. Le carceri italiane sono da anni in una situazione critica
I Problemi principali sono:
Sovraffollamento
Scarsità di opportunità educative e lavorative
Non tutti gli istituti hanno:
biblioteche
corsi di formazione
possibilità di lavorare o studiare
Lo studio universitario è possibile solo in alcune carceri con progetti specifici.




