(fonte: Candida Morvillo, Corriere)
Domenico Starnone, deve a un libro in particolare la molla che l’ha spinta a scrivere?
«Non so, forse, tra l’altro, a un incipit di Italo Calvino che mi causò un magnifico sbandamento. Avevo 17 anni, in casa non c’erano libri. Guadagnavo qualche lira dando ripetizioni e compravo libri alle bancarelle dell’usato. Era tutta roba ottocentesca, dai Misteri di Parigi ad Anton Cechov, da Rocambole a Lev Tolstoj. Entro nel ’900 perché il padre di un mio amico era amico di un libraio che gli prestava qualche volume appena uscito. Il mio amico li passava a me, facendomi giurare che non li avrei rovinati. Così lessi I racconti di Calvino tra cui Luna e Gnac: “La notte durava venti secondi, e venti secondi il Gnac” è un incipit strepitoso, se hai 17 anni e un minimo di vocazione per la scrittura».
In Vita mortale e immortale della bambina di Milano, ha scritto: da bambini, si può essere tutto, l’esploratore o il mozzo, il naufrago o il «caubboi»… Lei, da bambino, chi era?
«Ero un malinconico, che si metteva in un angolo ed entrava in un’altra realtà, dove si poteva essere il cavaliere e il cavallo, la tigre e il cacciatore. Uno dei grandi piaceri dell’infanzia è potersi inventare mondi diversi da quello in cui sei capitato. Leggere e scrivere diventano la prosecuzione di quel piacere».
Per leggere tutta l’intervista di Candida Morvillo a Domenico Starnone, clicca qui: Corriere
Per saperne di più
Abbiamo scelto di iniziare il 2025 con questa intervista a Domenico Starnone, popolare scrittore napoletano, anche perché il suo ultimo libro Vita mortale e immortale della bambina di Milano, è stato recentemente tradotto negli USA: The Mortal and Immortal Life of the Girl from Milan, traduzione di Oonagh Stransky, Europa Editions.
Alla fine dell’intervista Starnone affronta, molto brevemente, la questione dell’attribuzione a se stesso dell’Amica geniale di Ferrante, a cui si accenna anche nel titolo.