(fonte: Alessandro D’Avenia, clicca qui: Corriere)

Da qui [dal gioco delle bocce] viene il verbo «bocciare», lo stesso che si usa a scuola per fermare uno studente. Si usa anche «respingere» e, nel gergo giovanile, «rimbalzare».

La valutazione oggettiva è stata introdotta nella scuola proprio per evitare il giudizio soggettivo e aiutare lo studente a migliorarsi. Misurare è giusto, e serve a capire dove l’allievo ha bisogno di supporto; giudicare, non l’operato ma la persona, invece è controproducente: non aiuta a togliere l’errore e genera una sofferenza che impedisce il miglioramento. Lucangeli, nel suo Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere riporta le parole di alcuni studenti segnati indelebilmente dal giudizio, come quelle di Claudio: «Il mio ricordo più duro è quando mia madre si è messa a piangere (ero dislessico grave, discalculico e disprassico, con disturbi di comportamento). Ricordo che mi sarei dato fuoco lì, piuttosto che tornare a scuola»; e poi di Anna: «Le lettere mi giravano in testa e i numeri mi facevano più paura degli zombie e dei fantasmi. Ma le urla: “Cretina, stupida, ignorante, idiota, menomata” sono ancora oggi il mio dolore sconfinato». Il problema è la sostituzione dell’errore («hai sbagliato»), che si può correggere insieme, con il giudizio («sei sbagliato»).
[…] Per questo nella scuola che vorrei i professori non dicono mai allo studente ti «bocciamo», ma «sbocciamo?». Come si fa con i fiori, anche quelli più fragili.

Per leggere tutto l’articolo di Alessandro D’Avenia, clicca qui: Corriere

Note linguistiche e culturali

Bocciare: nel gioco delle bocce significa “cacciare” l’avversario dal “boccino” che è l’obiettivo del gioco.

Bocciare: nel contesto scolastico significa fermare, respingere, allontanare uno studente o una studentessa dall’obiettivo che la scuola ha stabilito che doveva raggiungere.

L’autore di questo articolo gioca molto efficacemente con queste parole per dimostrare come usando questo termine la scuola ha già fallito il suo mandato che non è di bocciare ma di far “sbocciare

Nell’articolo leggiamo: “Comunque sia l’immaginario linguistico di fine anno si nutre dell’immagine di un avversario che ti «caccia» dalla meta che stavi cercando, a fatica, di raggiungere.”

Scrutinio: nel contesto scolastico è la valutazione del profitto degli alunni di una classe da parte della commissione degli insegnanti, alla fine di un trimestre, di un quadrimestre o di un intero anno scolastico

Avere la stoffa: Nell’articolo leggiamo “qual è la stoffa di mio figlio?”
Il significato dell’espressione è quello di possedere una o più capacità, doti, abilità, talenti o peculiarità non ordinarie, che permettono, in un determinato campo, di spiccare di più rispetto agli altri che non ce l’hanno, proprio come se fossero state “cucite” addosso.

Asino: Nel racconto di Guareschi citato nell’articlo leggiamo: «Era il più asino della classe: a ragion veduta, lo giudicava un perfetto cretino»
L’asino è nella cultura italiana un simbolo di pigrizia e ignoranza, motivo per cui Pinocchio rischia seriamente di passare la sua vita in forma di somaro (sinonimo di asino).

Dad: acronimo di Didattica a Distanza, una pratica iniziata negli anni del Covid.

Note culturali

Alessandro D’Avenia: è uno scrittore, insegnante e sceneggiatore, nato a Palermo nel 1977. Collabora regolarmente con il Corriere della Sera.

Nell’articolo si cita Giovanni Guareschi (1908-68), uno scrittore, giornalista e umorista. È uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo.

Si citano anche due altri libri, Daniela Lucangeli, Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere (Erickson) e Luca Ricolfi e Paola Mastrocola in Il danno scolastico (La Nave di Teseo).

Bocciare

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