modelle/i in attesa di sfilare

(fonte: Chiara Beghelli e Giulia Crivelli, Sole 24 Ore)

Le sfilate di Milano sono iniziate due giorni prima dell’attacco russo in Ucraina, avvenuto nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio, quelle di Parigi nel sesto giorno di guerra e dell’appello di aiuto del presidente ucraino Wlodomir Zelensky al Parlamento Europeo. I calendari erano fissati da settimane, da ben prima che i missili russi si abbattessero sul suolo ucraino. Le sfilate sono eventi che richiedono mesi di lavoro, importanti investimenti, e sono l’esito che dura appena 15 minuti di mesi di lavoro di centinaia di persone, di aziende, di filiere, che soprattutto in Italia e Francia danno vita a ogni piccolo elemento indossato in passerella. […] Molti piani sono stati rivisti, le sfilate non hanno fatto in tempo a fare tutte silenzio, o a trasformarsi in eventi solenni. In ogni caso, avrebbero dovuto farlo? […] Tra fare finta di niente e cancellare tutto esiste una terza via, forse, almeno per la moda […]

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Spunti di riflessione

All’inizio dell’articolo potete vedere l’elenco dei “punti chiave” trattati. E’ un utile punto di partenza per la discussione. Le domande che vi proponiamo, oltre a quella contenuta nel titolo, sono le seguenti:

  • Quali sono i dati dietro la settimana della moda?
  • Qual è il peso della Russia per il sistema moda? E che cosa si intende con “sistema moda”?
  • Tra fare finta di niente e cancellare tutto, quale potrebbe essere una terza via?
  • Che cos’è la moda? In che modo il mondo della moda si oppone alla guerra?
  • Infine, citando il testo, “È lecito comportarsi secondo i principi ‘business as usual’ e ‘the show must go on’ in un’epoca in cui mentre si tiene in mano lo smartphone per postare un selfie dalla sfilata o un minivideo dalla presentazione, si può vedere una foto di un soldato morto o di una donna o di un bambino o di un anziano ucciso dalle bombe o dalle munizioni del nemico?”

È opportuno sfilare in tempi di guerra?

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