Adulti analfabeti a lezione negli anni '50.(fonte: Francesco Erbani, Internazionale)

Nel sottoscala della scuola Ferrante Aporti, un edificio degli anni quaranta, tra i primi a urbanizzare la collina Fleming a Roma, Pugliese custodisce le carte in cui è raccolta una delle più impegnative, appassionanti imprese civili dell’Italia repubblicana: la lotta all’analfabetismo. Sono carte preziose, poco o per nulla note, rimaste chiuse per più di quarant’anni e ora sottoposte a vincolo dalla soprintendenza archivistica, che raccontano lo sforzo di una pattuglia di persone che nel dopoguerra si batteva affinché una democrazia in costruzione non prescindesse dall’educazione dei suoi cittadini, adulti in particolare, altrimenti – era l’allarmata convinzione – si sarebbe retta su basi poco solide.

L’archivio appartiene all’Unione nazionale lotta all’analfabetismo (Unla), come i locali che lo ospitano. L’Unla fu fondata nel 1947 per fronteggiare l’incapacità del 13 per cento di italiani – dati del censimento 1951 – di saper leggere e scrivere. Incapacità dichiarata e quindi inferiore alla drammatica realtà, se si considera che il 59,2 per cento degli adulti a quel tempo non era in possesso di licenza elementare.
Per leggere tutto l’articolo di Francesco Erbani, clicca qui: Internazionale.

Spunti di riflessione

Dopo aver letto tutto l’articolo, provare a rispondere alle seguenti domande:

  1. Quando una persona non sapeva scrivere, come firmava?
  2. Che cosa significa l’espressione “analfabetismo di ritorno”? E “analfabetismo funzionale”?
  3. Dove si svolse soprattutto l’attività dell’UNLA? Quali finanziamenti ottenne?
  4. Nell’articolo si parla di Tullio De Mauro, a che proposito?
  5. Che cosa indica il termine “literacy”?
  6. Qual è la percentuale dei laureati tra i 30 e 34 anni in Italia? E la percentuale dei ragazzi che non finisce la scuola secondaria superiore?
La lotta all’analfabetismo
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