Vignetta di uomo di fronte a una parete di ritratti.

(fonte: Sergio Luzzatto, Sole 24Ore)

In un articolo bello e appassionato, lo storico Sergio Luzzatto loda gli insegnanti italiani che, al di là delle difficoltà, del basso stipendio, delle numerose e purtroppo spesso inefficaci riforme, continuano a insegnare bene. “Nelle scuole italiane ci sono anche professori – una minoranza, ma una minoranza significativa – che hanno imboccato o stanno imboccando un cammino differente. … Potremmo chiamarli, per semplicità, i professori dell’autoriforma …
Sono gli insegnanti che non fanno finta di niente. Che riconoscono eccome l’impatto epocale delle nuove tecnologie sulle modalità di trasmissione della conoscenza. Che si interrogano eccome sulla concorrenza di «agenzie educative» estranee agli ambienti della scuola tradizionale. Che si misurano quotidianamente (per fare un unico esempio) con l’evoluzione materiale e immateriale del concetto di “classico”. Che si pongono eccome, insomma, il problema di un digital divide culturale e antropologico oltreché generazionale. E che cercano di rimediare a questa separazione – di colmare il vuoto fra professori e studenti – attraverso una didattica innovativa nelle forme come nei contenuti.

Naturalmente, per fare questo gli insegnanti dell’autoriforma devono anzitutto trasmettere ai ragazzi qualcosa come un’epistemologia della Rete: il che corrisponde esattamente al buco più clamoroso dell’offerta didattica tradizionale. Nella lezione di italiano, qualunque professore di discreto livello insegna ai ragazzi un’elementare critica del testo. Nella lezione di fisica, qualunque professore insegna i requisiti minimi di un esperimento scientifico. Ma soltanto pochi professori italiani – indipendentemente dalla loro materia – insegnano ai ragazzi i criteri fondamentali di una navigazione in Rete. Come cercare le cose, e dove trovarle. Come distinguere fra siti autorevoli, siti attendibili, siti eterogenei, siti pericolosi. Come appropriarsi dei tesori di internet senza rubarli.

Per leggere tutto l’articolo di Sergio Luzzatto, clicca qui: Sole 24Ore.

Uso della lingua

eccome: è un avverbio che serve a rafforzare il verbo a cui si riferisce.
buco: in questo uso metaforico, significa vuoto, mancanza.

I professori dell’autoriforma

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