Bambini multirazziali

(fonte: Guido Vitiello,  Corriere)

Razzisti a parole (per tacer dei fatti) è il titolo di un libro di Federico Faloppa – studioso della lingua – uscito di recente presso Laterza. Faloppa analizza le insidie che si celano dietro al linguaggio, soprattutto quello corretto politicamente. Per esempio la parola “immigrato“, usata così spesso dalla stampa. “Non che immigrato sia di per sé una parola razzista, beninteso. Ma usata pigramente dalla stampa o nel parlare comune, come quando chiamiamo alunni immigrati dei bambini nati in Italia, si porta dietro un sottinteso sgradevole, che non è di forma ma di sostanza: l’idea che una condizione per definizione transitoria — la migrazione, lo spostarsi da un luogo all’altro — diventi un marchio indelebile che si trasmette tra le generazioni. Lo stesso vale per clandestino, un aggettivo lentamente trasformato in sostantivo, quasi a designare una seconda natura, che nel linguaggio giornalistico si associa a tutto un lessico da invasioni barbariche: orde, eserciti, sbarchi, ondate. Ogni parola è come un fazzoletto sporgente dal cilindro di un mago: tirane un lembo e ne uscirà fuori un mondo. … Faloppa cita studi e ricerche, analizza a campione articoli di giornale, conversazioni informali su Internet, dichiarazioni di politici, documenti governativi. Non è un fanatico, sa bene che dal razzismo delle parole non si passa necessariamente alle vie di fatto. Sa anche, però, che un ponte c’è”. Per leggere tutto l’articolo di Guido Vitiello, clicca qui: Corriere

Razzisti a parole (per tacer dei fatti)

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