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(fonte: Goffredo Fofi,  Internazionale)

Carlo Bernari, Tre operai (Marsilio). Edito nel 1934, quando l’autore aveva 25 anni, è uno dei romanzi più sorprendenti di una stagione dominata dall’evasività imposta dal regime, quando i migliori potevano dire solo ciò che non erano.
L’influenza del cinema francese, della letteratura di Weimar e di una nascente, sotterranea voga psicanalitica è forte ed evidente nel cupo girovagare di un operaio, Teodoro, tra la sua Napoli di periferia e Taranto, Crotone, Roma, la guerra, il dopoguerra, gli scontri politici (si parla apertamente dell’occupazione delle fabbriche del 1921, degli scontri tra socialisti e comunisti, dell’amarezza della sconfitta)… Questo romanzo compare in una collana che ripropone i romanzi del novecento che meritano di essere lett.

Per leggere l’articolo di Goffredo Fofi, clicca qui: Internazionale

A proposito della rivista Internazionale, questo weekend a Ferrara Internazionale tiene un grande festival in cui riunisce giornalisti e scrittori da tutto il mondo.

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Note culturali

regime: qui si intende il fascismo
ciò che non erano: Goffredo Fofi, l’autore di questa recensione, è a sua volta uno scrittore, come si può notare dall’eleganza di questa recensione. Con questa perifrasi Fofi allude a una nota poesia di Montale, “Non chiederci la parola”, i cui ultimi versi sono: Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Rileggere il Novecento

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