Vignetta di uomo che produce bolle colorate dalla bocca(fonte: Corriere)

blogosfere.it, il  più grande network italiano di blog professionali, propone un  interessante dibattito sull’uso del “tu” e del “lei” in Italia.

“La questione del “Tu” e del “Lei” è ormai esplosa, lanciata da Beppe Severgnin e ripresa da un giornalista del Corriere della Sera, Vittorio Messori. Tutti e due anche se in forma diversa si dichiarano paladini del “Lei” infastiditi dal recente “dilagare del Tu“.

Con il solito umorismo Severgnini spiega che  “il tu”: Quando viene proposto educatamente è gradevole (“Senta, Beppe, possiamo darci del tu?”).” Trova invece insopportabile il:
TU PREPOTENTE Il barista cinquantenne si sente dare del tu dal primo che passa (“Fammi un caffè”). Ma non può restituirlo (“In tazza grande o te lo verso direttamente in quella tua boccaccia?”).

TU CONFIDENZIALE Il dirigente d’azienda si rivolge alla nuova assunta trentenne come se fosse sua figlia (“Lucia, portami quella pratica”). Se la giovane donna è carina, va pure peggio (“Lucia, dolcezza, avvicinati con quella bella cartellina”). Dopo i venticinque anni siamo tutti adulti: se non esistono motivi di amicizia, familiarità o colleganza, è bene partire col “lei”. Poi si vedrà.
TU TRASANDATO L’infermiera ventenne si rivolge al paziente (anziano professore in pensione): “Tu, mettiti lì e aspetta”. Aspetta tu, bimba: chi ti dà il permesso di usare questo pronome e questo tono? 

Più intransigente e meno scherzosa è la posizione di Messori che dice di avere una vera e propria “allergia” al Tu e parla quasi di uno scontro di “civiltà”. Ecco alcune delle sue motivazioni.
Il ricordo della sua gioventù nel Sessantotto, in cui sembrava tornato il tempo di Achille Starace che aveva abolito il «lei».
I 17 anni di liceo nella vecchia Torino, dove i professori ti davano del «lei» dalla quarta ginnasio, cioè dai 14 anni.
Il padre, militare per cinque anni nel Regio Esercito, dove era impensabile dare del «tu» persino all’ultima delle reclute.

Ogni totalitarismo impone la «fraternità» a colpi di «tu» obbligatorio. Dunque, non è questione solo di gusti o di galateo: l’impegno per salvare il «lei» (o, per chi preferisca, come al Sud, il «voi») è forse un piccolo ma significativo impegno per la libertà.

Il link è a pagamento: Corriere

Uso della lingua

paladini: difensori

dilagare: straripare, invadere.

Note culturali
sembrava tornato il tempo di Achille Starace che aveva abolito il «lei»: Achille Starace era il segretario del Partito Fascista. Fu l’inventore e il realizzatore di motti, saluti e di tutto uno stile che diventerà tipico del regime, dal saluto al Duce perfettamente codificato, al “voi” fascista.
Il giornalista paragona l’ideologia dominante nel ’68 che puntava ad abolire per motivi egualitari l’uso del “lei”, a quella fascista.

La civiltà del “Lei” contro quella del “Tu”

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