Copertina del libro Va a quel paese

(fonte: La Stampa)

E’ il titolo di un bizzarro dizionario di toponomastica, una guida all’Italia dai nomi strambi – ma veri – come dice il sottotitolo. L’autore è Marino Montano, della cui biografia sappiamo solo che non è nato, né vive, in nessuno dei paesi citati dalla sua guida. L’editore è Cargo. Ecco qualche esempio di nome strano di città,  Castelletto Scazzoso si è trasformato in Castelletto Monferrato (Alessandria), Cazzimani in Borgo San Giovanni (Lodi) e si capisce perché. Belfiore (Verona) si è chiamato Porcile fino al 1547, e Belfiore di Porcile fino al 1967. Melma è diventato Silea (Treviso) dal 1934. Nella richiesta di cambio di denominazione il Podestà Matteo Frantin spiega al Re che ‘tale nome è divenuto antipatico agli abitanti perchè si presta allo scherno’. Ma la maggioranza si tiene il nome avuto in sorte, come si accetta un parente con una rotella fuori posto, anche quando si presta all’equivoco, vedi Spinello, Tre canne, Fumo e Rollo. Oppure Acquapagana, Purgatorio e Altolà”.

Il link non è più attivo: La Stampa

Uso della lingua

va’ a quel paese (del titolo) è un’imprecazione che equivale a mandare qualcuno al diavolo
avere una rotella fuori posto significa essere un po’ matti
Podestà è l’equivalente del sindaco (mayor) nell’epoca fascista.
Invitiamo i lettori a trovare le allusioni “equivoche” dei nomi delle città citate nell’articolo.

Va’ a quel paese

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